RIGASSIFICATORE E STERILIZZAZIONE DEL MARE: le preoccupazioni del Presidente Lega Coop Pesca Marche nella conversazione con il Biologo marino Carlo Franzosini
Lo Staff Comitati ha messo in contatto il Presidente della Lega Coop Pesca Marche - Dott. Simone Cecchettini - con il Biologo marino della Riserva marina di Miramare (Trieste), Dott. Carlo Franzosini. Il Presidente Cecchettini ha rivolto alcune domande al Biologo per capire se ci potrebbero essere interferenze negative sul comparto produttivo/economico della pesca dall’uso di biocidi e scarico di acqua di mare sterilizzata nei processi industriali del rigassificatore e delle ulteriori 2 centrali termoelettriche progettate da API Nòva Energia di fronte alla costa marchigiana. Quella che segue è la fedele trascrizione della conversazione.
Simone Cecchettini: come pescatori, quali rischi corriamo qualora si realizzi il progetto del rigassificatore in una zona per noi delicatissima, cioè quella che va dalle 3 alle 6 miglia e che da sempre i biologi ci indicano essere l’area che dovremmo maggiormente tutelare soprattutto per il ripopolamento e l’accrescimento delle specie ittiche che caratterizzano il nostro mare Adriatico?
Carlo Franzosini: il danno a cui andrete incontro è una perdita della vitalità dell’acqua di mare. Effettivamente il Ministero dell’Ambiente si limita a valutare - in maniera miope - il cloro attivo in uscita dall’impianto e dice che quel cloro attivo è dello stesso tenore di quello presente nell’acqua di acquedotto … e l’acqua di acquedotto non uccide nessuno.
Noi diciamo: il cloro attivo in uscita dal rigassificatore è dello stesso tenore di quello presente nell’acqua di acquedotto, ma in più ci sono quei circa 300 Kg al giorno di solfati e quasi 800 Kg al giorno di cloro-derivati organici di cui non si parla.
Sono, queste ultime, sostanze che hanno delle potenzialità mutageniche e contaminanti molto forti e molto ben documentate. Sono sostanze che vanno ad intaccare il ciclo vitale degli organismi planctonici e marini in genere. Si accumulano all’interno della catena alimentare e raggiungono l’uomo in maniera più o meno accentuata a seconda del pesce (erbivori o carnivori). Comunque la perdita per sterilizzazione riguarda qualcosa come 230 ettari all’anno di habitat marino per il solo rigassificatore e di 8.202 ettari assommandovi anche le nuove centrali termoelettriche e quella esistente IGCC!
Ettari di mare sterilizzato, perso, tagliato fuori.
Voi calcolate la vostra produttività nella fascia 3 - 6 miglia. Per cui 3 miglia, moltiplicato per la lunghezza del fronte-mare del vostro circondario marittimo, e sapete che da quella superficie dovete togliere ogni anno la produttività negata di 230 ettari - nel caso del solo rigassificatore - o di oltre 8.000 ettari nel caso dei tre impianti funzionanti (rigass + centrali termo da 580 MWe + attuale centrale termo IGCC).
S.C. Quindi secondo Lei la sterilizzazione andrebbe ad interessare un’area molto più vasta rispetto a quella dove si va ad inserire la nave rigassificatrice? Intendo dire che non ci sarà solo un problema di divieto di pesca così come sicuramente verrà definito dalla Capitaneria di Porto, nel senso che si intaccherà un habitat naturale che non interesserà solo il mare di fronte a Falconara e Ancona?
C.F. Certo, poichè esiste un problema di miopia delle Valutazioni di Impatto Ambientale e delle norme. Le norme in questo momento sono carenti, a parte quella sovranazionale del Protocollo Dumping che ancora non è stata recepita in Italia nella forma di divieto di sversamento di sostanze alogeno - derivate ad esclusione del monomero pvc.
Però oggi sappiamo degli effetti dannosi analoghi causati dalle altre sostanze che si formano per via della reazione della sostanza organica con il cloro attivo all’interno dell’impianto.
Sono una famiglia vastissima di molecole cloro derivate organiche che non vengono assolutamente prese in esame. Nelle VIA ci si limita a considerare i danni del cloro attivo in uscita dall’impianto per 0,2 mg/litro, quantità che però si ottiene addizionando solfito e, conseguentemente formando solfati all’uscita dall’impianto il cui impatto non viene valutato!
Tutto - come per magia - rientra nei termini della legge italiana quando invece si produce un danno persistente con sostanze organiche persistenti, permanentemente presenti nell’ambiente marino e accumulate nella catena alimentare.
E questo nessuno lo vuole prendere in considerazione.
S.C. A noi pescatori dicono che nelle altre realtà esistenti non si verificano grandi danni. Esistono dati scientifici valutabili da noi che facciamo tuttglia’altro mestiere e non sanno che cosa accade al di fuori del nostro territorio regionale?
C.F. Il rigassificatore di cui attualmente si dispongono dati è quello di Panigaglia in Liguria che ha un mare con un tasso di ricambio notevolissimo. Parliamo di un mare della profondità di un migliaio di metri, per cui con un ricircolo e ricambio di acqua notevole.
Per quello entrato in funzione da poco più di un anno al largo di Porto Viro non abbiamo dati.
Hanno avuto delle grosse difficoltà nel monitoraggio dei loro scarichi, non producono dati e non ne abbiamo a disposizione … e, parlando di Adriatico, siamo in un ambiente marino che ha un ricambio delle acque molto più limitato rispetto ad altri mari dove i rigassificatori sono stati installati, a partire dal Giappone ma anche nel Mediterraneo … Barcellona, per esempio, ha di fronte una fossa di tipo oceanico che analogamente al caso della Liguria ci sono dei ricambi di acqua di mare molto forti e quindi della persistenza dei parametri ambientali che garantiscono una diluizione dell’impatto su una massa d’acqua molto più ampia di quella del medio Adriatico.
Adriatico che peraltro è il settore più produttivo, in termini di pescosità, del mare Mediterraneo. Quindi stiamo parlando di un ambiente prezioso (per i servizi ecosistemici che ci rende: pesca e autodepurazione - quest’ultima di importanza strategica per la balneazione e relativa industria turistica -) ma che è particolarmente fragile in termini di capacità di assorbire impatti ambientali così forti, in quanto la scarsa profondità e la limitata circolazione non permettono di diluire e disperdere altrettanto facilmente quanto vi viene riversato.
Intervista a cura dello Staff Comitati
il materiale è riproducibile citando la fonte www.comitati-cittadini.org
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